Piccoli Sentieri

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lunedì 10 agosto 2020

Viaggio nella macchina del tempo

Gli opifici della Valle di Candalla, i polverifici di Grotta Orbaia, la Grotta del Tambugione

La valle di Candalla attraversata dal torrente Lombricese è caratterizzata, oltre che dalle innegabile bellezze naturali delle sue cascatelle, dai numerosi resti che punteggiano le attività umane svolte nei secoli in questi luoghi. Nello spazio di pochi chilometri questi luoghi raccontano la storia del lavoro dell'uomo dalla preistoria fino ai nostri giorni. Intendiamoci, non sto parlando della storia che si studia sui testi di scuola, ma di quella che racconta la vita comune, quella fatta di tradizioni, sudore e fatiche. E' quello che ho vissuto in questa escursione, una camminata lungo il sentiero della storia, un piccolo viaggio che mi ha condotto attraverso il portale del tempo. Ora vi racconto tutto!



Data escursione: 26/07/2020
Trasferimento: da La Spezia alle Cascate di Candalla. Le cascate sono raggiungibili raggiungendo Camaiore e percorrendo Via Nuova e Via Candalla.
Tempo di percorrenza: da La Spezia circa 1h 10' per una distanza di circa 66 Km.
Punto di partenza e arrivo escursione: Molino di Taccone
Punti di appoggio: Abitato di Casoli e Metato





Tracciato dell'escursione

Grafico delle quote e delle velocità

L'escursione su Google Earth

(tutte le immagini possono essere ingrandite cliccando sulla miniatura)

Itinerario: teatro dell'escursione è la valle di Candalla, una valle profonda e stretta che si estende ai piedi dei monti Prana e Gabberi, a monte della cittadina di Camaiore, in Versilia. Proprio dove finisce la lunga e stretta Via Candalla sorge il vecchio Molino di Taccone, un opificio del 1500 che prende il nome dal suo ultimo proprietario, Giuseppe Marchetti detto "Taccone". La struttura di proprietà del Comune di Camaiore, visto dall'esterno, sembra non versare in buone condizioni, ma sono ancora visibili parte delle ruote che mettevano in moto i meccanismi del molino. Nell'insieme però il luogo conserva ancora tutto il suo fascino, grazie al ponte in pietra che attraversa il torrente, alla bellissima cascatella e alla profonda pozza d'acqua limpidissima e freschissima, quest'ultima molto frequentata dai versiliesi che in queste pozze vengono a rinfrescarsi durante le afose giornate estive.

Molino di Taccone
L'antico Molino di Taccone

Questa è la prima ed unica struttura di quelle presenti in valle ancora completamente in piedi, le altre sono ridotte allo stato di rudere, che testimoniano le antiche attività lavorative presenti in questa zona del territorio.

Quello che andremo a percorrere è l'anello C7 facente parte della Camaiore Antiqua, una serie di 15 percorsi ad anello su sentieri storici del Comune di Camaiore. 

E' quindi giunta l'ora di mettersi in cammino!

Superato con un balzo il ponte in pietra inizio ad inerpicarmi sul sentiero che sulla carta viene riportato come Via degli Alpini, in direzione di Casoli. Lungo il comodo sentiero incontro alcuni tabelloni che illustrano con dovizia di particolari le numerosi specie ittiche che abitano il torrente Lombricese, mentre numerosi rivoli di acqua attraversano il sentiero stesso per andare a "rinforzare" le acque del torrente.
Dopo circa 400 metri di facile salita ecco il primo crocevia. Mi sono documentato prima di partire e so che oltre alle bellissime cascatelle sono presenti in zona altri resti di vecchi edifici.


Ed infatti non a caso un cartello posto proprio sul crocevia informa i viandanti che lungo il corso del Torrente Lombricese, sono disseminati numerosi opifici di epoca preindustriale: mulini, pastifici, frantoi, folli per la lavorazione della lana e della canapa, polverifici e ferriere tutti azionati tramite l'energia idraulica ricavata dalla forza propulsiva del torrente. I ruderi ancora visibili, posti su un'area privata, rischiano di cadere e sono pericolanti.
E poi ci sarebbe da visitare anche l'area archeologica di Candalla, perché lungo la riva sinistra del Torrente Lombricese alcuni "ripari sotto roccia" furono sfruttati durante l'Età del Bronzo dalle comunità locali per soggiornarvi stagionalmente e condurre attività di pastorizia e tessitura. Nei ripari del Lauro, dell'Ambra e della Roberta gli scavi archeologici hanno messo in luce una capanna addossata alla parete rocciosa, costruita in legno e rivestimento in argilla con focolare. I numerosi reperti comprendo materiali in osso, vasi in terracotta per la produzione casearia e anche un elemento di collana in ambra baltica, che testimonai contatti e scambi ad ampio raggio. Alcuni ripari sotto roccia sono difficilmente accessibili e pericolosi, mentre il Riparo della Roberta è visibile dalla mulattiera

Ce n'è abbastanza per convincermi ad una deviazione per far visita a questi luoghi del tempo!

Pastificio Bertagna

Pochi passi ed eccomi di fronte a quel che resta del Pastificio Bertagna, così detto dal nome del proprietario Luigi Bertagna. L'edificio è fortemente degradato ed è effettivamente pericoloso avvicinarsi, ma dal suo rudere non è difficile immaginare l'imponenza di questa antica struttura. Risalente all'anno 1854, il pastificio si sviluppava su due piani e conteneva tutte le macchine, mosse dall'energia idraulica, con le quali Bertagna macinava il grano e realizzava 5 tipi di paste (fonte Wikipedia).


Incuriosito dalle tracce che segnano vistosamente il terreno, entro con attenzione all'interno del rudere e scendo verso il torrente: una bellissima cascatella con l'immancabile pozza si vezzeggia davanti ai miei occhi.


Riprendo il cammino deciso ad andare a vedere il Riparo della Roberta, per cui supero sulla sinistra il pastificio e mi incammino lungo il sentiero. Avevo già incontrato in precedenza alcuni alberi abbattuti di recente che avevo superato senza grandi difficoltà. Ora però, davanti a me, una batteria di tronchi sbarrano la marcia rendendo più difficile e penoso il percorso, per cui decido di desistere e di tornare sul sentiero per Casoli. E' camminando verso il crocevia che noto sulla destra orografica del torrente, due ragazzi che si preparano ad arrampicare; più avanti lungo il cammino, troverò altre tracce a significare che la zona è ricca di pareti sulle quali gli scalatori trascorrono ore felici.

Ripreso il sentiero principale mi ritrovo a dover superare una bella salita. Fortunatamente chi ha tracciato il sentiero ha pensato bene di spezzare la pendenza con numerosi tornanti. Comunque il sentiero è largo, facile, ben tenuto e sopratutto... all'ombra.

Sentiero degli Alpini

Casoli, il paese dei graffiti

Finalmente il sentiero sbuca nella piazzetta di Via Cappello, a Casoli, proprio in prossimità di una bellissima fontana.

La piccola piazzetta di via Cappello
Fontana di Via Cappello
La fontana
Il grande graffito della piazzetta
Casoli, il paese dei graffiti, era stato il punto di partenza di un'altra mia escursione in questa zona: Grotta all'Onda

Antico abitato citato nell’anno 984 quale villaggio sottoposto al Piviere di S. Stefano di Camaiore è noto oggi per la realizzazione degli stupendi graffiti che si possono ammirare sulle facciate delle case. Il borgo è diviso in due nuclei principali: nel primo che guarda verso il mare, vi si trova la chiesa principale, la piazza e i giardini. Il secondo nucleo invece, quello che guarda verso la montagna, è la parte più vecchia del paese oltre alle abitazioni vi si trova una chiesetta ed un caratteristico lavatoio. Come detto il borgo è conosciuto per i numerosi graffiti affrescati anche sulle pareti delle abitazioni eseguiti da artisti sia italiani sia stranieri.


Lascio quindi la piccola piazza e la bellissima fontana e mi incammino sul tratto pedonale della via che, attraversando le abitazioni nella parte più antica del paese, passa davanti ad un piccola chiesa e scende verso il torrente; ufficialmente mi trovo sul sentiero CAI 109.
Supero velocemente le ultime abitazioni che coincidono con località Fiume, quindi una piccola cascatella sulla sinistra, ed eccomi giungere ad un importante crocevia dove una bella insegna mi indica, senza possibilità di errore, la via da seguire.

Indicazione per Metato
Indicazione per Metato. Sullo sfondo a sinistra il cimitero di Casoli.

Senza indugi prendo il sentiero di destra che, con andamento più o meno pianeggiante, mi riporterà verso il torrente. Ho superato da poco il crocevia che una piccola cavità nella roccia attira la mia attenzione.
All'interno, un piccolo altare di pietra su cui poggia un'altrettanto piccola statuina della Vergine Maria, abbellito alla bell'e meglio con fiori di plastica.


Ponte della Penna e i polverifici di Grotta Orbaia

Ripreso il cammino la presenza di un'altro rudere quasi completamente avvolto dalla vegetazione mi segnala che sono di nuovo vicino al torrente. 
Ed infatti, superato l'ennesimo albero abbattuto che ostruisce il sentiero, eccomi di fronte alle acque del Torrente Lambricese e al Ponte della Penna, un ponte in ferro e legno che attraversa il torrente con un balzo.
Una breve pausa per osservare da lontano il poderoso rudere (troppo pericoloso ed inutile avvicinarsi) e via si riparte.
Non appena superato il ponte, sulla sinistra, un nuovo cartello mi informa che seguendo un sentiero che si trova al Ponte della Penna si raggiungono i piccoli polverifici ottocenteschi (proprietà privata) che producevano la polvere pirica per le cave di Carrara, oltre ad una serie di cascatelle formate dal torrente.

Ponte della Penna
Il Ponte della Penna

Mi incammino deciso sulla traccia che mostra evidenti segni della tempesta che si è abbattuta pochi giorni fa su tutte le Apuane e che sono la causa indiscussa dei numerosi alberi abbattuti che ho trovato lungo tutta l'escursione.
Dei resti dei polverifici resta ormai veramente poco, poche squallide mura diroccate quasi del tutto inglobate dalla vegetazione.
Incredibilmente belle invece le cascatelle di Grotta Orbaia, una vera e propria Esposizione Universale della Natura che io ho avuto la fortuna di visitare in un momento dove non erano presenti altri avventori.

Cascatelle di Grotta Orbaia

Cascatelle di Grotta Orbaia
Cascatelle di Grotta Orbaia



Tornato al Ponte della Penna attacco la salita in direzione di Metato. Ho mosso solo pochi passi quando un gruppo di persone con al seguito alcuni bambini mi chiedono delle cascatelle di Grotta Orbaia. Sono fortunati perché sono in grado di dar loro indicazioni precise.

In cammino verso Metato affronto la prima parte della salita fino a giungere allo sperone di roccia che ospita la grande croce di ferro che guarda verso l'abitato di Casoli. I "bicchieri" di ferro saldati sul lato che da verso il paese mi fanno pensare che durante le maggiori festività cristiane, la croce venga addobbata con i lumini. Immagino la suggestione che regala questa croce di fuoco stagliandosi nella notte dalla buia montagna durante le feste natalizie.

Cava dello Schizzolino e la Grotta del TAmbugione

Lascio la grande croce e continuo a salire per circa 700 metri fino a giungere al crocevia con il sentiero che conduce alla Cava dello Schizzolino e alla Grotta del Tambugione. Mi incammino lungo il sentiero interessato in particolare alla Grotta del Tambugione. Il sentiero è malamente segnato, nessuna indicazione che mi consenta di individuare la cava se non qualche masso squadrato lungo il sentiero (dalla cava dello Schizzolino un tempo si ricavava una roccia grigia utilizzata dal XVII secolo). La situazione si complica più avanti quando dei segni si perdono completamente le tracce e il sentiero diventa via via più difficile da individuare, tanto che ad un certo punto mi sono trovato davanti ad una impasse. Ero sul punto di tornare indietro sconsolato quando ho intravisto delle rocce leggermente sporche di fango seguendo le quali sono finalmente arrivato alla desiderata Grotta del Tambugione.

La grotta ha un ingresso molto ampio. Vi fu rinvenuta una sepoltura con corredo funebre costituito da frammenti di vasi, due punte di freccia e un raschiatoio lavorato su selce. I resti umani trovati appartenevano ad almeno sei individui: quattro adulti, un giovane ed un bambino
Scoperta da Nello Puccioni nel 1984 per conto del Comitato per le Ricerche di Paleontologia Umana in Italia, la Grotta del Tambugione è larga all'imboccatura 12,50 metri e profonda 24 metri presentandosi con un'ampia volta ad andamento emisferico. I reperti rinvenuti datano l'occupazione del sito al Eneolitico -Età del Rame (fonte Comune di Camaiore).

Grotta del Tambugione
Grotta del Tambugione


Grotta del Tambugione
Grotta del Tambugione

Sono di nuovo sul sentiero principale per iniziare la lunga discesa verso Metato. Poche decine di metri di cammino ed eccomi davanti ad un altro cartello informativo. Sembra che in prossimità del sentiero, proprio sotto il Monte Penna, siano visibili i resti di un villaggio fortificato risalente al XII secolo (resti di abitazioni e del muro di cinta oltre ad una macina a bascula). E poi ci sono le Grotte della Penna, due grotticelle che si aprono a breve distanza l'una dall'altra. Quella di sinistra risultò sterile nelle ricerche condotte nel 1914 e 1920. Invece quella di destra, che presenta una imboccatura larga 13 metri e con uguale profondità, restituì reperti archeologici consistenti in una ventina di frammenti ceramici, due frammenti calcarei lavorati e una scheggia litica la cui datazione ci riporta all'Enolitico.

Nel mio viaggio nella macchina del tempo non posso certo esimermi da visitare questi due luoghi arcaici.
Le Grotte della Penna le individuo immediatamente trovandosi a pochi passi dal cartello informativo. Si tratta, ad onor del vero, di due modeste cavità così come se ne trovano tante in giro per i monti. Davanti alle grotte due giovani ragazzi si stanno preparando per una sessione di arrampicata, infatti non a caso sulla parete verticale che sale proprio sopra le due grotte numerosi chiodi da roccia segnano le vie di salita.
Grotte della Penna
Grotte della Penna: la grotta di destra 

Nessuna notizia invece dei resti del villaggio fortificato. Li cerco in lungo e in largo ma niente, non mi riesce proprio di individuarli. Scoraggiato decido di abbandonare la ricerca e di continuare il cammino verso Metato.


Metato

Situato sulle pendici del monte Prana, il borgo offre bellissimi scorci sulla piana di Camaiore di cui è frazione. Piccolo, arroccato, del borgo vale la pena visitare la bella chiesa di Santa Maria Assunta risalente al XVIII Secolo, ed il vecchio fontanile da dove si gode un ampio panorama su Camaiore e sulle colline che la delimitano.






Metato
Rugoso mucchietto di case
pugno di castagne secche
tra i sassi del monte di Prano
con la pecchia dei tetti
a guardar la marina
(Bruno Mariconi)









Finalmente mi prendo una bella sosta per consumare le mie solite barrette all'ombra della tettoia del fontanile, davanti al bel panorama offerto da Camaiore.


Si è fatta l'ora di riprendere il cammino. 
Ho qualche piccola difficoltà nell'individuare l'attacco del sentiero che mi condurrà al termine di questo viaggio. Finalmente lo individuo al margine di un piccolo parcheggio proprio sotto l'abitato, sulla destra.
La discesa si fa subito ripida, supero il piccolissimo cimitero (ho così la conferma di essere sulla strada giusta) e proseguo attraverso argentati alberi di olivo. 



Finalmente arrivo all'ultimo crocevia dove devo prendere una importante decisione.


Proseguendo dritto ho la possibilità di visitare i ruderi del borgo fortificato di Montecastrese, mentre deviando a destra vado dritto dritto verso Candalla dove termina la mia escursione.
Il Castello sorge su un colle nei pressi del borgo di Lombrici, a 290 metri s.l.m., in posizione strategica e dominate, già abitato nel III secolo a.C. e nuovamente occupato tra Chiesa di Santa Maria Assunta e  secolo d.C. da un villaggio di capanne con base in pietra, muri in argilla e tetto di paglia, circondanto da una palizzata di legno e difeso da un fossato. Nel XII secolo l'area incastellata si estende dal versante mare e assume l'aspetto di un grande borgo fortificato, la cui parte sommitale comprende il cassero difeso da una cinta muraria che racchiude due torri di avvistamento, un dongione (torre residenziale) e numerose abitazioni. Il borgo, cinto da un più ampio circuito murario, comprende un centinano di abitazioni e i resti di una chiesa con area cimiteriale. Nel 1219 Montecastrese viene spartito tra i possedimenti delle famiglie Corvaia e Vallecchia. Intorno a 1225 i lucchesi conquistarono il castello abbattendone le torri.

Il mio viaggio nella macchina del tempo imporrebbe che io visitassi quel che resta di questo antico borgo, ma due fattori mi fanno propendere per imboccare il sentiero che mi porterà alla fine del viaggio.
Il primo è quello di aver letto il diario di viaggio di un escursionista che ha visitato il borgo fortificato di Montecastrese; ebbene egli racconta che di visibile è rimasto ben poco in quanto tutta l'area del sito è completamente abbandonata ed invasa dalle erbacce e che ha trovato difficoltà persino ad individuare i ruderi. Il secondo fattore è la stanchezza ed il caldo afoso che cominciano a farsi sentire insistentemente.

Anche se sono cosciente del fatto che nel frattempo le erbacce che invadono i ruderi del villaggio fortificato potrebbero essere state tagliate, la stanchezza ed il caldo prendono il sopravvento e l'ago della bilancia si sposta decisamente verso il sentiero di destra.
Eccomi quindi in discesa sul sentiero Da Saudade (sentiero dedicato ai soldati della F.E.B. - FORÇA EXPEDICIONARIA BRASILEIRA - che nel settembre del '44 percorsero questo sentiero per affrontare la loro prima missione di montagna) che nello spazio di un chilometro mi condurrà alla fine di questo avventuroso viaggio nella storia.

(NB: il testo in corsivo indica che le informazioni riportate sono tratte dai cartelli informativi dislocati lungo il percorso dell'escursione)

Principali dati dell'escursione:
Quota massima: 550 m
Dislivello positivo accumulato: 510 m
Distanza percorsa: 9.5 km
Tempo totale: 5h 10'
Difficoltà: EE 

Questa escursione fa il paio con quelle dove ho visitato la suggestiva Grotta all'Onda, una caverna naturale abitata dagli uomini 42.000 anni fa, e l'altrettanto suggestiva cava preistorica di diaspro della Valle Lagorara, nell'alta Val di Vara. Anche in questo caso, purtroppo, ho dovuto costatare il completo stato di abbandono di questi importanti siti. Ad aggravare la situazione della Grotta del Tambugione è la mancanza assoluta di segnaletica che rende persino difficile l'individuazione del sentiero (per questo motivo ho indicato come EE la difficoltà di questa escursione; in effetti evitando di visitare la Grotta del Tambugione avrei indicato certamente in E la difficoltà del percorso).

Detto questo però, questa escursione ha soddisfatto molte mie aspettative. Ho provato ad immaginare quanti e quali fatiche hanno fatto i nostri antenati per costruire e far funzionare i molini, i pastifici e tutte le altre opere di cui restano numerose testimonianze in tutta la Valle di Candalla.

E poi l'acqua. Questa escursione mette in risalto una caratteristica peculiare delle Alpi Apuane. Negli anni ho fatto diversi cammini lungo i sentieri che solcano queste montagne e, soprattutto nei mesi più caldi, ho potuto constatare la pressoché assenza di acqua. In realtà le Apuane nascondono dietro il loro aspetto ispido e minaccioso il più segreto dei segreti. Grazie infatti alla natura carsica del suo terreno tutta l'acqua che bagna le pareti viene raccolta in profondità in enormi cavità che formano immensi laghi di acqua purissima. Da questi laghi, poi, si formano fiumi e torrenti che escono allo scoperto proprio ai piedi delle montagne. E la Valle di Candalla, con le sue bellissime cascatelle e le freschissime pozze "balneari" ne sono un ottimo esempio.

Buona montagna a tutti!

Ciao sono Mauro Moscatelli di Piccoli Sentieri, benvenuto nel mio blog. 
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