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domenica 15 luglio 2018

Civita di Bagnoregio, il paese che muore

Breve viaggio nella storia in uno dei borghi più belli e tristi d'Italia

Civita di Bagnoregio

Civita di Bagnoregio è un antico insediamento fondato dagli Etruschi 2.500 anni fa. Iscritto all'associazione de "I borghi più belli d'Italia" (associazione che ha lo scopo di promuovere i centri abitati italiani di spiccato interesse storico ed artistico), il paese è oggi meta di migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo che si lasciano ammaliare dai suoi affascinanti scorci medievali.


(tutte le immagini possono essere ingrandite cliccando sulla miniatura)

Civita di Bagnoregio
Civita di Bagnoregio

I tufi, le ceneri e i lapilli eruttati per millenni dai vulcani Volsini, sovrapponendosi alle argille lasciate dalle acque marine, hanno profondamente condizionato la storia di Civita di Bagnoregio, costruita sulla roccia e dalla roccia stessa consumata, vittima dell'erosione e delle frane, su cui la fervida immaginazione di Bonaventura Tecchi costruì ...la fiaba del paese che muore, del paese che sta attaccato alla vita in mezzo a un coro lunare di calanchi silenziosi e splendenti. Un'isola nell'aria, arditamente librata al sommo d'un cono tronco, sull'immane baratro secondo Filippo Paparozzi, poeta bagnorese.

L'origine dell'abitato, che nel nome di Civita (la città) conserva memoria di un antico passato, affonda le proprie radici alla fine dell'età del bronzo (XII-X sec. a.C), quando una piccola comunità si insediò sull'ultimo lembo della rupe di Bagnoregio, attraversò l'eta del ferro (XI-XIII sec. a.C.) e si espanse in epoca etrusca sul resto del pianoro dove nel Medioevo avrebbe avuto vita l'abitato di Rota (l'attuale Bagnoregio). All'Alto Medioevo sembrano risalire le fondazioni sia della Cattedrale, trasformata nell'XI secolo, sia della chiesa di San Pietro, andata completamente distrutta nel terribile terremoto del 1695.
Nel corso del XIV secolo troviamo Civita in possesso dei Monaldeschi della Cervara, che l'avevano difesa contro l'assalto dei Ghibellini; subisce notevoli danni verso la fine del Quattrocento, quando viene bombardata dalle truppe di Carlo VIII. Nel corso del Cinquecento, mentre in piazza San Donato si ampliano la Cattedrale e il palazzo Comunale e si avvia la costruzione del palazzo Alemanni, il fenomeno delle frane ai margini della rupe si fa sempre più grave e si moltiplicano le notizie dei lavori per il consolidamento della strada che univa Bagnoregio a Civita. A partire dal XIII secolo il processo di erosione accelera, le argille cedono e si scava un enorme solco tra Bagnoregio e Civita che, nonostante l'ardito viadotto inaugurato nel 1965, sarà per tutti e per sempre "il paese che muore".
(testo interamente tratto dal cartello informativo posto all'inizio del viadotto che conduce a Civita)


Civita di Bagnoregio
A Civita si arriva attraversando l'abitato di Bagnoregio lungo via Bonaventura Tecchi e quindi impegnando il lungo viadotto. Si può parcheggiare l'auto nei parcheggi in prossimità del Belvedere al costo di 2/h e si deve pagare il biglietto di ingresso di 3 euro nei giorni feriali che sale a 5 euro nei giorni festivi.
Prima di avventurarsi lungo l'erta salita del viadotto (50 metri di dislivello con una pendenza che tocca il 40%), è d'obbligo una sosta sul Belvedere di San Francesco Vecchio che si affaccia proprio di fronte all'antico abitato. La bellezza ed il fascino del panorama offerto dal Belvedere sulla "Valle dei Calanchi" dalla quale si erge quel disgraziato "nido d'aquila" che è Civita ti lascia quasi senza fiato. Anche il Belvedere ha la sua bella storia. Qui anticamente sorgeva una fortificazione chiamata Castel Gomizi divenuta successivamente convento dei frati Benedettini prima e Francescani poi, ed andata quasi completamente distrutta dal terremoto e dalle frane nel 1764. In seguito venne ricostruita e divenne la sede del Centro Studi Bonaventuriani che dal 1953 si è assunto l'impegno di "mantenere vivi e tramandarne il ricordo, la santità e la dottrina di San Bonaventura". Sull'estremità del Belvedere, scavata nel tufo, vi è un'antica tomba a camera etrusca, chiamata Grotta di San Bonaventura. Si narra che in quella grotta il piccolo Giovanni Fidanza fu guarito miracolosamente per intercessione di San Francesco, al quale si era rivolta la madre deponendo il figlioletto gravemente malato sul giaciglio utilizzato dal poverello di Assisi durante una sua venuta a Bagnoregio. Nel salutare il miracolato San Francesco gli augurò "bonaventura" che divenne poi il santo nome del Vescovo di Albano San Bonaventura.

La Valle dei Calanchi, un territorio compreso tra il lago di Bolsena e la valle del Tevere, vede affiorare a tratti le argille che, sotto l'azione costante delle piogge e dei venti, vengono erose e continuamente modificate trasformando i dolci pendii collinari in terreni impervi percorsi da grigie creste scoscese, affilate come lame e segnate da miriadi di crepe. Spettrale e suggestiva opera della Natura, contro cui l'uomo non può in alcun modo difendersi.

Civita e la valle dei calanchi
Civita e la valle dei calanchi
L'erosione è stato ed è il problema principale di Civita, un problema che era ben noto già al tempo degli Etruschi che cercano in tutti i modi di proteggere la città mettendo in atto delle opere per difenderla dagli eventi atmosferici e dai terremoti, ma l'incuria ed il degrado nel quale versò l'Italia fin dalla caduta dell'impero romano causarono le innumerevoli frane che costrinsero gli abitanti ad abbandonare l'abitato.

Anticamente a Civita si poteva accedere da cinque porte. Oggi ne rimangono solo due, la porta detta di Santa Maria o della Cava, che è in pratica quella principale, e quella che attraverso una galleria detta del Bucaione consente di accedere all'abitato dalla Valle dei Calanchi.

Alla Porta di Santa Maria si arriva tramite il viadotto costruito nel 1965.

Il viadotto
Il viadotto
Anticamente Civita era collegata a Bagnoregio da una strada a fondo naturale la quale soffriva, anche lei, dei problemi dovuti alle frane e ai terremoti. Lo scrittore Bonaventura Tacchi la descriveva così nel suo "Antica Terra": "L'unica strada, esile e bianca come un nastro, che congiunge al mondo di qua, alla terra ferma e sicura, il ciuffo nero di case, l'isolotto alto di tufo, sospeso in mezzo al mare delle crete e degli abissali cavone, sta per crollare".
Malgrado i lavori del 1545 per rinforzare il tracciato stradale con muri di sostegno, continui franamenti e il terremoto del 1695 causarono gravi disagi al transito.
Fu così che, nel 1923, fu iniziata la costruzione di un ponte in muratura ad arcate che resistette fino a quando, nel 1944, fu quasi completamente distrutto dai soldati tedeschi in ritirata. Per sopperire ai notevoli disagi ed ai pericoli che i viandanti dovevano affrontare per raggiungere Civita, nel 1963 vennero iniziati i lavori per la costruzione del viadotto in cemento armato, sotto la guida dell'Ing. Petrangelo Papini.
Oggi il viadotto, ovviamente, è transitabile solo a piedi, ad eccezione di qualche piccolo ciclomotore di proprietà dei pochissimi abitanti di Civita e di chi vi lavora, autorizzati al transito dalle autorità comunali.

Finalmente giunti davanti alla Porta di Santa Maria ci ritroviamo all'ingresso dell'ameno paesino.
Sulla facciata della porta di accesso, due leoni che schiacciano figure umane stanno a simboleggiare la rivolta degli abitanti di Bagnoregio che scacciarono i tiranni Monaldeschi signori di Orvieto.

Superata la porta, come d'incanto, ti ritrovi proiettato indietro nel tempo. Una rete di stretti vicoli che si districano tra antichi edifici medioevali, scalinate e piccoli balconi, offrono alla folla dei visitatori degli scorci molto suggestivi ed affascinanti.

L'immaginazione non può non tornare indietro nel tempo, quando la cittadina era viva e quando quelle stesse vie brulicavano di persone tutte affaccendate ed in piazza il mercato era pieno di mercanzie. Oggi, purtroppo, solo una decina di persone hanno in Civita la propria residenza (16 abitanti secondo il censimento Istat del 2011), anche se il massiccio afflusso di visitatori ha riportato un po' di vita tra queste antiche mura.



La Piazza di San Donato era senza dubbio il centro vitale dell'intero abitato ed è, ancora oggi, la parte più bella dell'intera cittadina.

Piazza San Donato
Piazza San Donato e Palazzo Alemanni
La piazza è dominata dalla chiesa di San Donato, uno splendido esempio di architettura cinquecentesca viterbese costruita sulle fondamenta di un antichissimo tempio etrusco, e da Palazzo Alemanni Mazzocchi, appartenuto ad una delle famiglie più antiche e nobili di Civita, la famiglia Alemanni per l'appunto, oggi di proprietà del Comune che lo ha destinato ad accogliere il Museo Geologico e delle Frane.

Purtroppo la chiesa di San Donato era chiusa per cui non mi è stato possibile visitarla. Di origine romanica, presenta una pianta a tre navate, con facciata rinascimentale. Il campanile è a torre e alla sua base sono inglobati due sarcofagi etruschi in pietra di basalto.
All’interno della chiesa sono custoditi oltre alle reliquie di San Ildebrando, vescovo della città nel IX sec, un affresco della scuola del Perugino e un crocifisso ligneo quattrocentesco della scuola di Donatello.
Anche al crocifisso della chiesa di San Donato è legata una leggenda. Durante l'epidemia di peste che colpì tutto il territorio di Bagnoregio nel 1499, una donna si recava tutti i giorni al cospetto della venerata Immagine per invocare la fine della terribile epidemia.

Un giorno, mentre la donna pregava “il Cristo“, udì una voce, che la rassicurava e la avvertiva che il Signore aveva esaudito le sue preghiere e che la pestilenza avrebbe a breve avuto fine, come puntualmente avvenne dopo qualche giorno contemporaneamente alla morte della Pia donna.

La chiesa di San Donato
La chiesa di San Donato

Nelle trattorie ed osterie del centro è possibile gustare i piatti tipici della cucina  umbra e laziale, oppure rilassarsi sorseggiando una fresca bibita in uno dei bar presenti in prossimità della piazza.


Buona montagna a tutti!

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